ANDARE OLTRE IL VELO… DELLE APPARENZE
Chi è la migliore donna musulmana di tutti i tempi?
I sapienti, nel corso della storia dell’Islam, hanno risposto diversamente a questo quesito, ma hanno sempre concordato sul fatto che cinque fossero le migliori donne musulmane della storia. Alcuni sapienti hanno visto in Khadija bint Khuwaylid la migliore musulmana della storia, prima moglie del Profeta Muhammad, su di lui la preghiera e la pace divine, la prima che si è convertita all’Islam e dunque la prima musulmana. E ancora la prima a supportare il Profeta, su di lui la preghiera e la pace divine, sin dai primordi della sua missione.
Altri studiosi ritengono, invece, che la migliore sia stata Fatima Zahra, figlia del Profeta Muhammad, su di lui la preghiera e la pace divine, un modello di devozione e di eccellenza, che il Profeta stesso definì come una parte di se stesso. I giuristi hanafiti, dal canto loro, sostennero che la migliore fu Aisha, la veritiera, figlia del veritiero al-siddiq Abu Bakr, che Allah si compiaccia di entrambi, perché fu la donna musulmana più erudita della storia, una vera e propria giurista, una faqiha.
Altri ancora dissero che si doveva risalire a Mariam, madre del Profeta Isa, che Allah si compiaccia di entrambi: un modello di devozione e di sottomissione fisica ed intellettuale al Dio Unico. Alcuni sapienti tra cui I’Imam al-Qurtubi, Ibn Hazm ed altri riconobbero in lei la dignità profetica, questa posizione non è avvallata però da molti altri sapienti islamici, a motivo delle insufficienti prove esistenti a riguardo. Altri infine videro in Asiya, moglie di Faraone, la migliore musulmana della storia, pensando al coraggio di questa donna che si convertì all’Islam mentre viveva nella dimora di un uomo che si credeva un dio, un uomo talmente oppressivo da torturarla in modi inimmaginabili.
Si può riassumere le diverse posizioni dichiarando che queste furono le 5 migliori donne della storia islamica, ognuna caratterizzata da personalità unica e doni diversi, non essendoci prove che indichino quale di esse sia stata in assoluto la migliore. E’ interessante notare che, se leggiamo il Corano, notiamo che queste donne rappresentano sì dei modelli di devozione universale, ma non vengono mai elogiate da Allah, Subhana wa Taala, per il loro aspetto esteriore, neanche per il loro hijab, anche se sicuramente il loro esteriore rifletteva la loro anima casta e fedele, ma sta altrove il motivo per cui sono elogiate da Allah l’Altissimo.
In altre parole, il loro modo di vestire è lasciato in ombra, non è menzionato come elemento significativo e caratteristico della loro grandezza. E ciò dovrebbe farci riflettere abbondantemente sul nostro modo di giudicare cosa siano la rettitudine e la devozione. E’ possibile che il hijab da solo renda una donna una migliore musulmana? O per gli uomini il fatto di indossare un copricapo, o dell’avere una barba? Il nostro modo di abbigliarci, il nostro attivismo nella comunità, le nostre conoscenze in materia di religione, possono tutte queste cose se prese da sole renderci i musulmani migliori? La risposta è ovviamente no, infatti, nonostante tutte queste cose siano molto importanti, nessuna di esse è in grado di definire l’essere musulmano.
Ibn Ata’illah al-Sakandari afferma nella sua opera al-Hikam “ Le azioni sono forme senza vita, la cui anima è la presenza del segreto della sincerità in esse”. Se consideriamo ad esempio la nostra preghiera rituale, essa rappresenta un corpo senza vita che non ha alcun significato se non vi è sincerità in essa, così come il nostro attivismo nella comunità e qualsiasi altra cosa della nostra vita, diventa polvere nel giorno del Giudizio, se non è diretta in verità ad Allah, Subhana wa Taala. La sincerità è la vita di ogni azione compiuta, è ciò che caratterizza una persona degna di lode dinanzi a Dio. Come Allah, Subhana wa Taala afferma nella chiusura della sura al-Kahf: “Chi spera di incontrare il suo Signore compia il bene (buone azioni) e nell’adorazione non associ alcuno al suo Signore”.
Dunque non solo è importante agire, ma le nostre azioni devono essere buone, ovvero essere dirette a Dio. Sincerità non significa solamente agire abbandonandoci alla volontà di Dio, ma anche agire nella giusta maniera per la giusta causa, ovvero per amore di Allah. Tutte le nostre azioni devono essere guidate dall’amore di Dio. Quando compiamo un’azione essa ha una forma, un aspetto esteriore, ma anche una realtà interiore.
Allah, Subhana wa Taala, non giudica le persone o le azioni sulla base delle loro forme o del loro aspetto poiché il Profeta, su di lui la preghiera e la pace divine, ha detto: “Allah non guarda ai vostri corpi o alle vostre forme, piuttosto Egli guarda ai vostri cuori” (e in altre versioni “ ai vostri cuori ed alle vostre azioni”). Dunque come possiamo noi comuni mortali divenire giudici degli altri e delle azioni altrui? Se vediamo un musulmano che non ha l’esatta lunghezza di barba secondo i nostri standard, o uno hijab correttamente indossato, non abbiamo alcun diritto di condannare.
Il Profeta, su di lui la pace e la benedizione, diceva “le azioni hanno valore in virtù delle loro intenzioni” e “le azioni hanno valore in virtù del loro fine”. Non abbiamo il diritto di giudicare alcuno poiché non possiamo metterci al posto di Dio l’Altissimo, Lui sarà il Giudice di tutti i giudici nel giorno del Giudizio, ma anche perché non conosciamo la realtà interiore dei fatti e delle persone che ci circondano, che siano musulmani o non.
Quella donna o quell’uomo, che incontriamo per strada, non sappiamo dov’è nel suo percorso con Dio, non sappiamo cosa c’è nel suo cuore, e soprattutto non sappiamo come sarà in futuro e come saremo noi stessi in futuro nei riguardi di Allah. Quella persona, che può recare oggi dei segni di dissolutezza, potrà essere nel momento della sua fine più vicina ad Allah di noi stessi. Prendiamo come esempio l’emigrazione della prima comunità di credenti: nella sua forma esteriore si trattò di un’emigrazione da Mecca a Medina, l’allora Yathrib, ma nella realtà interiore la vera destinazione non fu che Allah ed il Suo Messaggero.
Dunque non possiamo giudicare gli altri in base a come appaiono. Si pensi anche all’esempio di Umar, che Dio si compiaccia di lui, a come prima della conversione soleva prostrarsi dinanzi agli idoli e tentò persino di uccidere il Profeta Muhammad, su di lui la preghiera e la pace divine, ma nonostante tutto era amato da Dio: divenne secondo califfo e il Profeta diceva di lui che il demonio soleva fuggire dal sentiero in cui Umar si trovava a passare. Dobbiamo quindi far attenzione a non giudicare mai dalle apparenze e cercare di comprendere invece quale fosse lo sguardo del Profeta, su di lui la preghiera e la pace divine, sugli esseri umani, su qualsiasi esser umano.
Il suo era uno sguardo di misericordia, intesa nel senso pieno del termine, e cioè sincero interesse per il bene altrui, sincero volere e cercare il bene del prossimo, che fosse musulmano o meno. Era uno sguardo di rispetto e d’amore per qualsiasi cosa creata dal suo Creatore. Non per niente Muhammad, su di lui la preghiera e la pace divine, è stato inviato all’umanità solo ed unicamente come misericordia per il Creato, come afferma Allah, l’Altissimo, nel Corano.
Muhammad stesso disse: “Sii misericordioso con coloro che abitano la Terra, ed il Signore del Paradiso sarà misericordioso con te” e “nessuno ha fede finché non desidera per i suoi fratelli quello che desidera per se stesso”. Da questi ahadith impariamo che se vogliamo accrescere la nostra fede, il nostro iman, dobbiamo essere misericordiosi con ogni creatura di Dio del mondo umano, ma anche animale e vegetale, è questo lo strumento per misurare la nostra fede, se manchiamo di misericordia verso le creature di Dio, siamo carenti in fede e religione.
Wa Allahu Aalam
Lucia Kawthar Rallo
(Liberamente tratto dall’intervento presso la conferenza annuale di Toronto Reviving the Islamic Spirit dal titolo Beyond Hijab, Women virtue, modesty and Islamic scholarship – di Shaykh Faraz Rabbani http://www.youtube.com/watch?v=DqyMVDx9hKo )
tratto da: http://www.islam-online.it/